18 giugno 2014

Parliamo di musica - Within Temptation

E’ stata la band che ha consacrato nel genere Goth Rock il “Symphonic Metal”. Band di origine olandese, il loro punto di forza sta nell’aver incluso nel loro sound i suoni della cultura celtica. E’ una band che mi ha colpito tanto perché hanno un sound tutto loro, hanno fatto incontrare tradizione e futuro. Può sembrare che in alcuni momenti si possano sentire due tipi di WithinTemptation a seconda del pezzo che si sta sentendo, come “Mother Earth” o “Stand my ground”. E’ un gruppo che nasce con la cantante Sharon Ven Adel e il chitarrista Robert Westerholt (nonché marito della stessa Sharon). 
La band non nasce proprio come band “Symphonic metal” ma come band “doom metal”. Infatti nemmeno i Within stessi si definiscono come band “Symphonic metal” ma come “Symphonic rock”, non si vedono nel genere Gothic. Il successo è arrivato con l’album “Mother Earth” lanciato dai singoli “Ice queen” e l’omonimo “Mother Earth”. Nonostante fosse il terzo album prodotto, è stata la rivelazione per la band che li ha acclamati a livello internazionale.

Ho molto da dire su questo album. “Mother Earth” per me è un dolce richiamo alla natura, alle sue sfaccettature viste nella tradizione celtica, la natura ha personalità perché ha sentimenti. Sembra che stiano descrivendo una persona, in “Ice queen”narrano della neve come una regina reale. La canzone che mi fa suscitare molte emozioni e che me li ha fatti amare da subito è stata l’omonima dell’album, “Mother Earth”: una canzone unica, in cui si fondano i suoni celtici nelle melodie moderne, descrivendo la natura come una madre, “che prende e che dà”. Dopo quest’album vi è stato un tour che ha avuto un successo incredibile, infatti è stato anche pubblicato il relativo DVD.

Anche gli album “The silent force” e “The heart of everything” hanno avuto grande successo, quest’ultimo album vede anche la collaborazione della voce dei Life of Agony, Keith Caputo, per il singolo “What have you done”. Nel 2011 è uscito il loro ultimo lavoro, “The unforgiving”, ma nessuno di questi album ha avuto lo stesso successo planetario di “Mother Earth”.

Il mio album preferito è “The silent force”. L’ho ascoltato in un periodo molto particolare, in cui ero molto depressa e avevo bisogno di molto conforto. Secondo il mio parere è l’album più bello dei Within, in cui hanno racchiuso tutto ciò che sono artisticamente. Ascoltando pezzi come “Memories” o “Somewhere” o ancora “The Swan song” si denota una tristezza insita nei sentimenti, è uno sfogo di un equilibrio spezzato. Allo stesso tempo c’è anche la speranza, che è al fondo al vaso ma è lì a riscaldare il cuore e ti permette di andare avanti, perché “Ti troverò un giorno, voglio provarci fino al giorno della mia morte”. Sono davvero grandi i Within!! E’ un gruppo diverso rispetto agli altri nel panorama Goth perché hanno aggiunto un qualcosa di diverso che non è solo orecchiabile ma anche molto profondo!

Da poco è uscito il loro ultimo album “Hydra”. Ascoltateli!


Vi consiglio: “Mother Earth”, “Stand myground”, “Angels”, “What have you done”, “Ice queen”, “Somewhere”, “Jillian (I’d give my heart)”, “Memories”, The Swan song”, “Running up that hill” e “Never – ending story”.

6 giugno 2014

La notte del giudizio - The purge - I diversi modi di intendere la giustizia

A volte mi domando come sarà il mondo fra qualche anno, cosa cambierà, cosa rimarrà uguale. Mi domando se continueranno certe ingiustizie, se il sistema cambierà. Studiando giurisprudenza ho capito come le cose possano mutare subito, mentre altre mutano con lentezza, senza che noi ce ne accorgiamo. La cosa che più mi terrorizza è il cambiamento in negativo, ho paura di come possano peggiorare le cose e come possa diventare il mondo. Altra cosa che mi chiedo è se noi saremo disposti ad accettare i cambiamenti, positivi o negativi che siano. Faremo battaglie oppure accetteremo in modo passivo perché, in qualche modo, lo reputiamo giusto? Questo è il tema del film di oggi: "La notte del giudizio - The Purge".
Film per alcuni versi fantapolitico, è ambientato qualche anno in avanti e vede un sistema di giustizia alquanto particolare. La cosa che mi sono domandata per tutto il film non è tanto il come si è arrivati a quel tipo di soluzione politica, ma cosa ha portato le persone ad accettarla e a giustificarla. "Il giorno dello sfogo", un giorno in cui tutto diventa lecito, salutato con dei fiori blu messi fuori accanto la porta per dimostrare l'appoggio a questa politica. Non potevo non chiedermi come si sia arrivati a questo tipo di soluzione, sebbene sia paradossale e al limite del "politically correct". Però ho fatto un'altro pensiero: e se davvero stessimo raggiungendo questo sistema? Pensateci: la giustizia fai da te, i tempi troppo lunghi delle cause, situazioni economico - politiche alquanto insostenibili, possono sfociare in uno "sfogo di gruppo". E allora perché non renderlo legale? E' proprio questo il fulcro di tutto il film! Far sfogare la gente una volta all'anno così da tranquillizzarla. Ma come può essere sostenibile una cosa del genere? Non potrebbe portare a delle ritorsioni? Per me è ovvio che porterebbe a delle ritorsioni, non solo dal punto di vista etico e morale, ma soprattutto umano. Come si riesce a stare barricati in casa per una notte intera aspettando che scatti l'ora X? Come si riesce a lasciare che, chi debba sfogarsi, vada in giro giustificato dal sistema? E' ciò che si chiede uno dei protagonisti, il ragazzino Charlie Sandin (Max Burkholder), quando decide di aiutare un senzatetto inseguito da ragazzi che devono "sfogarsi". 

Il film è uscito nel 2013, ed è diretto da James DeMonaco. Nel 2014 dovrebbe uscire il sequel "Anarchia - La notte del giudizio"
La trama: Nel 2022, negli Stati Uniti, i Nuovi Padri Fondatori hanno istituito la "Purificazione". Questo giorno, che si svolge solo una volta all'anno, prevede 12 ore in cui tutti i crimini diventano legali, omicidio compreso. La sicurezza sale a livello 10, non sono permesse armi da guerra, i soccorsi saranno attivi solo alla fine di queste 12 ore. A quanto pare, questa politica sembra funzionare, visto che la disoccupazione è bassa, i crimini sono calati al 90%. Ma cosa succede davvero durante questa notte? E' davvero plausibile e corretto questo sistema? E' ciò che si domanda Charlie Sandin, figlio dei coniugi Mary (Lena Headey) e James (Ethan Hawke)Sandin. Il capofamiglia, James Sandin (Ethan Hawke) è un imprenditore che ha fatto fortuna costruendo dei sistemi di sicurezza a fronte di questa notte. Arrivata la fatidica ora, la famiglia si rinchiude in casa con un intruso: il fidanzato di Zoey Sandin (Adelaide Kane), la figlia maggiore James e Mary. La situazione si aggrava quando Charlie, mosso da pietà, fa entrare un senzatetto che sfugge ai suoi persecutori. I persecutori, irati, se la prenderanno proprio con la famiglia. Inizierà così la notte della Purificazione in casa Sandin.

18 maggio 2014

Chiacchiere&Distintivo - The following

Oggi ritorno ai miei amati telefilm polizieschi! Era da tanto che non ne parlavo vero? Dopo essere andata in crisi mistica per il finale della serie di "Dexter" ho cercato in lungo e in largo un nuovo telefilm poliziesco con molta suspence. Le mie ricerche sono state premiate con "The following". Sebbene sia nuovo nel panorama tv, "The following" conta già due stagioni, in attesa della terza.
"The following" non è semplice, per alcuni versi è una versione di Dexter 2.0. La trama non è semplice, le puntate sono molto intense e perdere un solo passaggio significa perdere l'intero filo del discorso. Mi hanno colpito molto i colpi di scena, la storia, l'intrigo. Devo dire che in alcune parti il telefilm è violento, infatti consiglio il telefilm per chi ha lo stomaco forte e magari ha già visto "Dexter" ed è abituato ad un certo tipo di scene. "The following" non risparmia nulla allo spettatore, che rimane avvinghiato alla poltrona a chiedersi e a pensare quale sarà la mossa di Joe Carrol e quale la risposta di Ryan Hardy, cosa succederà da qui alla fine della puntata. Si rimane incollati, ve l'assicuro! Mi hanno colpito tanto le dinamiche delle sette religiose, dei seguaci di un serial killer, cosa scatta nella mente di una persona per spingerla ad uccidere ancora e ancora. Non mette la solita storia della setta di killer o di pazzi esaltati che vogliono imitare il loro idolo, è di più. Si crea un legame tra i vari killer e aspiranti serial killer a dir poco malato. Nonostante loro lo vedano come un qualcosa di normale perché si sentono capiti, compresi, non devono più nascondersi, è un rapporto malato."The following" è un telefilm diverso, particolare perché non fa le cose a caso. I temi in "The following" sono molto ricercati, si parte da Edgar Allan Poe per poi finire nelle linee sottili della religione. 

Il cast è stato scelto con molta cura. Vediamo nei panni dell'agente dell'FBI Ryan Hardy un egregio Kevin Bacon (Animal House, Tremors), che si trova a suo agio a interpretare un ruolo molto complesso e intricato quale è il suo personaggio. Nei panni del serial killer / mentore Joe Carrol ritroviamo James Purefoy (La fiera delle vanità, Resident evil), un ruolo non semplice ma che lo interpreta con grande maestria. Nonostante si segua la stregua della lotta del bene contro il male, il paladino contro il cattivo, i ruoli sono di per sè simili, come se Ryan Hardy e Joe Carrol siano complementari e se venisse a mancare uno verrà a mancare anche l'altro. Gli altri attori non sono da meno, a partire da Valerie Currry nel ruolo di Emma Hill, Sam Underwood nel doppio ruolo dei gemelli Luke e Mark, Jessica Stroup nel ruolo di Max Hardy e Shawn Ashmore nel ruolo di Mike Weston

Non mi dilungo, vi auguro una buona visione!

La trama, come ha inizio "The following": Joe Carrol, serial killer di 14 ragazze collegiali, è evaso dal Virginia Central Penitentiary, dove vi era rinchiuso dal 2003. Ryan Hardy viene richiamato in servizio, lui è stato l'agente che ha seguito il caso di Carrol, è quello che conosce meglio le sue mosse. Tra l'altro è anche l'autore del libro "Poetica di un killer" in cui racconta il caso di Carrol. Ryan Hardy, sebbene non sia più nell'FBI per via di una disabilità che gli ha provocato lo stesso Carrol, decide di ritornare in servizio. Ma le cose non sono per niente semplici. Dovrà scontrarsi con la titubanza dei colleghi per via del suo alcolismo, deve cercare di far capire che sono tutti in pericolo, a partire dalla ex moglie di Joe Carrol, Claire Matthews (Natalie Zea) e il figlio Joey, fino all'unica ragazza superstite Sarah Fuller. Sebbene i modi di Ryan Hardy non siano proprio ortodossi, l'agente Mike Weston e Debra Parker (Annie Parisse) saranno coloro i quali gli daranno fiducia e seguiranno ciecamente le sue direttive. Ma ciò che ha in mente Joe Carrol è troppo grande. Carrol ha un seguito di assassini, di fans, disposti a tutto per permettere al loro "beniamino" di riprendersi la vita che Ryan Hardy gli ha tolto. Questi "follower" sono dappertutto e possono essere chiunque, a cominciare dalla baby - sitter di Claire, Denise Harris alias Emma Hill, che rapisce il piccolo Joey, fino ad arrivare all'FBI. Ryan Hardy capisce, così, che è un gioco di strategia e deve arrivare per primo se vuole salvare le persone finite in questo gioco contorto. 

11 maggio 2014

Insidious - Ci credi ad alcune esperienze?

Ci credete al soprannaturale? Io sì, nonostante sia una persona molto razionale. Credo nelle entità, credo alle possessioni, ai fantasmi. Non vedo il motivo perché non debbano manifestarsi fenomeni del genere. Certo, non sono una che vede pericoli ovunque, la mia razionalità si spinge fino ai miei sogni. Io credo che alcuni fenomeni siano solo lo strascico di forti emozioni che una persona ha vissuto nella vita, sia nel bene che nel male. Credo che ci siano persone dotate che abbiano il compito di guidarci in questi cammini particolari. Ed è ciò che succede nella storia del film di cui voglio parlarvi oggi.
"Insidious" uscito nel 2010, diretto da James Wan e sceneggiato da Leigh Whannel (nonché una dei protagonisti), è un film sul paranormale ma un pò particolare. Il sequel uscito lo scorso anno ha confermato la particolarità di questo filone. "Insidious" è stato un film che è stato innovativo. Le possessioni demoniache, i medium, sono temi che sono sempre stati ripresi più di una volta nel cinema e che, negli ultimi tempi, sono diventati noiosi. "Insidious" racchiude una storia fortemente drammatica con la paura palpabile di un qualcosa di cui si ha paura di ammettere. A me questo film è piaciuto, mi ha toccato la storia di questa madre che cerca di capire il motivo dell'incidente del figlio, di come cerchi di adattarsi e adattare la sua famiglia a questa situazione difficile. Tutta la storia ruota intorno alle emozioni, di come possano trascinarsi nel tempo e possano perseguitare. Il non ammettere queste emozioni, che mutano in esperienze, può risultare "insidioso". Scappare, evitare il problema, può portare alla paranoia, fino ad esplodere per affermare ciò che si cerca di nascondere. La medium è una presenza positiva, sembra sia l'eroina di una storia altamente drammatica. Sebbene le figure dei due ghosthunters siano tragicomiche, il binomio con la medium funziona. Non mi è piaciuto molto il ruolo di Lorraine Lambert, secondo me è stato un pò paradossale per certi versi, e contraddittorio. Nonostante ci siano dei momenti che lasciano lo spettatore spiazzato, non facendolo capire subito cosa stia succedendo, il film risulta piuttosto forte, la storia prende dall'inizio alla fine. Il lato negativo sta nel non saltare scene o dialoghi, altrimenti si perde il filo della storia e raccapezzarsi risulta difficile. Per il resto, mettetevi sul divano e guardate il film al buio. Non siete paranoici vero?

La trama: La famiglia Lambert si è allargata e si trasferiscono in una nuova casa. La casa è enorme e uno dei bambini Lambert, Dalton (Ty Simpkins), andando in esplorazione, va in soffitta. Nonostante i genitori abbiano vietato di non andarci per evitare incidenti spiacevoli, Dalton sembra attirato dalla soffitta e il piccolo cade sbattendo la testa. Dalton sembra che non si sia fatto nulla ma il mattino dopo il bambino non si sveglia. I genitori, disperati, portano Dalton in ospedale e i medici danno una notizia terribile ai genitori: Dalton è in coma ma non sanno la causa. Passa del tempo, Dalton viene assistito dalla madre. Renai (Rose Byrne) comincia a notare strani fenomeni in casa e dopo una nottata di terrore, con il marito Josh (Patrick Wilson) decidono di trasferirsi. Ma i fenomeni non cessano, allora su consiglio della madre di Josh, i due coniugi decidono di contattare una medium. La verità sarà sconcertante



1 maggio 2014

In viaggio con Evie - L'amicizia non ha età

“… La vita ci confonde. Quando pensiamo che sia tutto finito lei ci butta un panorama come questo e noi non sappiamo più dove siamo … “
Driving Lessons è un film molto profondo che parla della ricerca di sé stessi liberandosi delle negatività infantili. Nonostante vi sia uno humor inglese che per alcuni aspetti è grottesco, le scene divertenti smorzano in modo non invasivo l’andamento della storia. La ricerca di sé stessi credo sia una delle sfide più difficili che l’uomo si ritrova a sostenere nella sua vita, a cominciare dall’adolescenza, l’età critica. Mi sono sempre chiesta perché l’adolescenza sia un’età così critica … la risposta è che si tratta di un momento di transizione e come tale non può essere preso con leggerezza. E’ un momento in cui si fa piena conoscenza di sé stessi con altri occhi, si levano i veli infantili e ci si dirige verso un mondo adulto che, purtroppo, non è mai come lo si è immaginato. E’ la disillusione che mette in crisi una persona: quando arriva la consapevolezza che non coincide con le aspettative prospettate può veramente finire in un disastro.
Questo film fa vedere le due facce della medaglia: nonostante il protagonista si ritrovi nel momento che io ho appena descritto ha, allo stesso tempo, la consapevolezza (che acquista grazie ad Evie) di “gestirsi”. Inoltre impara che, nonostante l’apparenza inganni, le persone a volte preferiscono viverci dentro sia per comodità ma anche per questioni di principio che, con il tempo, perdono il loro significato perché le persone non sempre ricordano i “giusti principi”. E quali sono i giusti principi? E’ ciò che si chiede il protagonista ed è più o meno il succo del film. I giusti principi sono ciò che ti fa andare avanti, che ti fa credere in qualcosa e che prendono il nome di Dio, Shakespeare, poesia, letteratura, recitazione … purché si possa esprimere sé stessi: è questa la lezione più importante che la vita ci dà e che ci la fa ricordare continuamente.

La trama: Ben (Rupert Grint), un ragazzo di diciassette anni e mezzo, non riesce a superare l’esame pratico per conseguire la patente. Vive in un mondo piuttosto religioso e dedito all’altruismo, infatti il padre è il pastore della chiesa della zona e la madre è una donna paziente ed altruista che, a suo modo, incoraggia Ben ad esercitarsi alla guida sempre di più. La madre di Ben è impegnata nel volontariato per gli anziani, si prende cura di loro e spesso li ospita nella sua casa, è molto attiva anche nella chiesa del marito e ha una forte sintonia con l’altro pastore della parrocchia, Peter. La madre di Ben, per aiutare un anziano ospite a casa loro, lo esorta a trovare un lavoro e così risponde all’ annuncio di una vecchia attrice per il posto di tuttofare. Ai primi incontri con la signora Eve Walton detta Evie (Julie Walters), Ben è piuttosto sconcertato perché lei dice parolacce, è molto esuberante e non si fa mai i fatti suoi. Un giorno invita Ben ad un giro in macchina, ma il suo intento reale è quello di fare un viaggio. E così fa, alla prima sosta Evie ingoia la chiave della macchina. Incominceranno peripezie, litigi e conoscenze dell’altro che porteranno alla nascita di una profonda amicizia.

28 aprile 2014

Parliamo di musica - Leave's Eyes

I Leave’s Eyes è una band europea che nasce nel 2004. E’ un gruppo per alcuni versi mistico, con un alone di mistero e anche retrò, le loro tematiche trattano leggende europee e cultura celtica. Per questo motivo il loro genere viene definito “symphonic metal”. In molti non hanno approvato questa definizione perché per alcuni versi possono essere anche una band “viking metal” ma è errato perché, nonostante la potenza e il suono della batteria e delle chitarre, vi sono elementi della cultura celtica e della cultura classica.
I Leave’s Eyes è un gruppo che mi ha colpito fin dall’inizio, ciò che mi ha colpito subito è stata la dolcezza, caratterizzata in modo particolare dalla voce di Liv Christine. Ascoltando “Into your light” o “For Amelie” si denota come questo gruppo riesca a modulare la dolcezza dei sentimenti e dell’amore, è un qualcosa di esplosivo a volte. Molto importante e molto forte è il loro legame con le radici nordiche, infatti è ciò che contraddistingue questo gruppo rispetto agli altri: se si pensa ai Within Temptation, la cultura celtica ha dettato una notevole influenza che ha denotato un genere metal differente e che sorprende sempre. I Leave’s Eyes hanno un modo tutto loro nell’esprimere le loro emozioni, infatti ascoltando “Legend Land” o “Vinland Saga” fanno proprie le leggende nordiche e sono loro a parlare. Nei primi album si denota molto la vena romantica, ma l’identità vera e propria della band arriva con l’ultimo album, “Njord”, in cui le leggende prendono vita insieme ai sentimenti, sentendosi partecipi di quegli eroi leggendari di cui narrano.

I Leave’s Eyes mi fanno sognare! Li amo proprio per questo. Inizialmente possono sembrare ripetitivi o noiosi, ma leggendo i testi si cambia opinione. Pezzi come “Take the devil in me” o “Return to life” sono un vero inno, una forza poderosa che trasmettono dolcezza, forza e anche sensazione di pace. Nonostante siano nati dall’unione di più band (Liv Christine viene dai Theatre of Tragedy, gli altri vengono dagli Atrocity), il loro connubio è azzeccato. Ed è proprio il caso di dirlo visto che Liv e Alexander Krull sono sposati.  Il loro sound si perfeziona nella voce soave di Liv, facendo largo uso del vibrato, spesso accompagnata dalla voce di Alexander Krull. Vi sono elementi classici e altri puramente metal. E’ una band che va ascoltata e riascoltata perché a primo impatto non possono piacere proprio per la loro particolarità.

Forse è proprio questa particolarità che mi colpisce. Mi sono stati consigliati da un’amica di penna (o meglio di tastiera!) e da lì non ne ho potuto più farne a meno! Mi colpisce soprattutto il modo in cui hanno messo da parte il lavoro svolto fino a quel momento con le altre band. Quando si suona uno stesso genere per anni si tende ad omologarsi ai canoni perdendo di fantasia. Loro hanno messo in gioco tutto perché potevano anche fallire nel progetto e credo che sia questo che me li fanno piacere tanto: il mettersi in gioco sempre. Credo che sia una cosa che molte band non fanno, dettate da etichette musicali, contratti, giri d’affari… non tutto è rose e fiori nella musica, le major dettano legge. Chissà forse anche i Leave’s Eyes saranno nel giro, ma ogni album è sempre una sorpresa, c’è sempre qualcosa di diverso! Ascoltateli, meritano!


Pezzi consigliati: “Into your light”, “Take the devil in me”, “My destiny”, “Return to life”, “tales of the sea mad”, “Skraelings”, “The dream”, “Legend Land” e “Elegy”.

16 aprile 2014

S1m0ne - La finzione è reale

Il cinema negli anni è mutato parecchio. È passato dall’essere la fabbrica dei sogni aalla fabbrica degli effetti digitali. Adesso abbiamo una visione diversa del cinema, scalpitiamo nel vedere a che punto la tecnologia ci possa mostrare il film. Quando penso a questo mi sento nostalgica. Con tutta questa tecnologia mi manca vedere un film in “vecchio stile”! Un film dove non c’è bisogno di un grande supporto tecnologico, nel quale regna la semplicità e l’arte. Non che non mi dispiaccia vedere i film moderni, anzi. Io non sono di materia e non posso esprimermi in giudizi prettamente tecnici, ma sento questa mancanza. Alcuni film sono di grande impatto visivo, la tecnologia dà un grande contributo nella regia. Però non posso non dire che tutto ciò è altamente bello! Se ci fate caso adesso il film d’azione si vede almeno in 3D, i kolossal arrivano a costare più di un mutuo trentennale per l’apporto tecnologico, siamo diventati schifiltosi se gli effetti speciali non sono di un certo tipo. A pensare che tutto ciò è solo fantasia…

Oggi vi parlo di un film particolare, che ha fatto molto discutere: “S1m0ne”, scritto, diretto e prodotto da Andrew Niccol nel 2002. Al Pacino, il protagonista del film, è come sempre all’altezza delle situazioni. Ha saputo, con la sua grande maestria, interpretare il ruolo di Viktor Taransky dimostrando il lato oscuro di Hollywood. Un regista al lastrico, che vuol dare filo da torcere a chi lo ha dato a lui mediante la finzione. Ecco, è proprio questo il punto nevralgico della situazione, la finzione! La finzione del cinema investe anche gli attori, la loro vita. Tutti vogliamo sapere (chi più e chi meno) se quell’attrice è sposata con quell’attore, se sia impegnato socialmente, se sia uno sventurata, vogliamo sapere tutto sulla nostra beniamina preferita. Allora si scatena tutto il giro dello show business, si muove un circolo (o circo?) decisamente assurdo. Ma nella realtà tutto ciò è davvero come ci appare? Esiste realmente, è in carne e ossa così come lo vediamo? O la celluloide ha colpito anche l’esterno? Il film ruota tutto intorno a questa domanda. Fin dove riusciamo a capire il confine tra realtà e finzione? Tutto ciò ci viene difficile, c’è un confine così sottile da non riuscire a distinguere realtà e finzione. E come facciamo a venirne fuori? Lo accettiamo oppure lo neghiamo? La risposta spetta solo a noi.
Qualche curiosità! L’attrice digitale che vediamo nel film, “Simone”, è un attrice in carne e ossa. E’ una modella canadese, tale Rachel Roberts, che ha lavorato per le major delle agenzie di moda e sfilato per Ralph Lauren, Victoria’s Secret, Gap, Bottega Veneta, Ferré e Sisley. Ha inoltre recitato in alcune puntate come guest star di “Ugly Betty”, “Numbers”, “Flashforward”, “Entourage” ed altri.


La trama: Viktor Taransky (Al Pacino) è un regista in crisi. Da anni fa film senza successo e ora è stato scaricato dal suo produttore/ex moglie Elaine (Catherine Keener). In questa situazione viene avvicinato da un informatico, tale Hank Aleno (Elias Koteas), che ha studiato una simulazione del tutto originale. Il destino vuole che Hank muoia e che lasci in eredità proprio a Viktor questa simulazione: è così che nasce Simone (Rachel Roberts), abbreviazione di Simulation One. Inizia così il successo di Viktor! Tutti diventano pazzi per Simone, diventa un fenomeno mondiale. Ma nessuno si accorge che è digitale. E più va avanti la finzione e più aumenta la sua notorietà. Ma fin dove Viktor è disposto a spingersi? Tutto ciò può rivoltarsi contro di lui in ogni momento ma Viktor continua…